Quest’anno abbiamo assistito a movimenti nel settore bancario che non si vedevano da tempo. Monte Paschi ha acquisito il controllo di Mediobanca, che a sua volta non è riuscita nell’OPA su Banca Generali. Unicredit non è stata fortunata nella sua mossa su Banco BPM, che ora si orienta verso altre fusioni, forse proprio con Siena. Tutti sembrano voler acquisire qualcuno, ma quello che realmente scompare dal panorama è il prestito bancario. Questo strumento finanziario sta diventando sempre più una rarità, a tal punto che stiamo quasi dimenticando quale dovrebbe essere la funzione primaria di una banca. È vero che la finanza è importante, come lo è diversificare gli introiti puntando sulle commissioni dei servizi offerti.
Ma senza denaro, non si va da nessuna parte.
Depositi stabili, prestiti in calo
Secondo i dati più recenti dell’Associazione Bancaria Italiana, relativi a settembre, si conferma una tendenza negativa. I depositi dei clienti sono rimasti quasi invariati a 1.835,1 miliardi di euro. I prestiti a imprese e famiglie, invece, sono aumentati a 1.420 miliardi. Su base annua, questi ultimi hanno registrato un incremento dell’1,5%. Potrebbe sembrare un segnale positivo, ma in realtà è solo una piccola risalita da una situazione molto critica. Il confronto con gli anni passati è scoraggiante.
Cinque anni fa, i prestiti al settore privato erano pari a 1.453,4 miliardi. Da allora, hanno registrato una diminuzione del 2,3%. I depositi dei clienti, al contrario, sono aumentati del 9,1%, ovvero di circa 153 miliardi. Tuttavia, considerando l’inflazione italiana, che in questo periodo è stata del 19,3%, i depositi reali sono diminuiti di oltre il 10%, mentre i prestiti reali hanno subito un tracollo del 21,6%.
Crescita economica ostacolata dalle banche
Il prestito bancario è essenziale per le aziende, specialmente per quelle di piccole dimensioni che hanno poche alternative per accedere direttamente ai mercati finanziari tramite obbligazioni.
Senza questa risorsa, i piani di sviluppo rallentano, così come la crescita economica. Se i prestiti fossero aumentati in linea con l’inflazione, oggi avremmo circa 1.735 miliardi di euro in prestiti e i depositi supererebbero i 2.000 miliardi. A causa di questa tendenza negativa, il rapporto tra prestiti e depositi in cinque anni è sceso dal 86,4% al 77,4%. Prima della pandemia era superiore al 100%, e prima della crisi del debito sovrano raggiungeva il 120%.
Questi dati diventano ancora più drammatici se consideriamo il rapporto tra prestiti e Pil, che cinque anni fa era dell’87% e ora è solo del 63%. Manca il 24% per tornare a quei livelli. Se il rapporto fosse rimasto costante, oggi il volume dei prestiti sarebbe di circa 540 miliardi più elevato. Sono numeri allarmanti, che indicano chiaramente che le banche non stanno svolgendo il loro ruolo. Nonostante l’esplosione degli utili, il prestito bancario rimane un’illusione per molti clienti. E meno garanzie si possono offrire, minore è la probabilità di successo nella richiesta di un prestito.
Prestiti bancari rari, le banche riducono i rischi
Le banche sono piene di liquidità, ottenuta a basso costo, ma sono riluttanti a prestarla all’economia reale a causa di una cronica sfiducia nei confronti dei clienti. A influenzare questa situazione ci sono anche i severi requisiti patrimoniali imposti dalla Vigilanza europea.
Questa problematica è stata sollevata anche da Francia e Germania, che hanno iniziato a criticare le restrizioni imposte all’economia dalle normative di Francoforte. Le banche italiane sono state particolarmente colpite circa un decennio fa, quando i crediti deteriorati raggiunsero il picco di 360 miliardi, costituendo un quinto del totale.
Di fatto, affidarsi a un prestito bancario per un’azienda è ora quasi un atto di fede. Le banche preferiscono erogare meno credito, magari a tassi più elevati e solo ai clienti più affidabili. Il resto della liquidità viene investito nei mercati finanziari, dove gli asset offrono prospettive di rendimento migliori e spesso con rischi contenuti.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
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