Entro un mese e mezzo, Donald Trump assumerà ufficialmente la presidenza e Elon Musk verrà nominato direttore del DOGE, il Dipartimento per l’Ottimizzazione della Gestione Governativa. L’obiettivo è di ridurre la spesa federale di circa 2.000 miliardi di dollari all’anno, che rappresenta quasi un terzo del bilancio totale. Questo potrebbe sembrare irrealistico, e forse lo è nel contesto attuale. Siamo ormai condizionati a pensare solo in termini di incremento delle spese per far fronte a nuove emergenze o necessità richieste da un elettorato sempre più variegato e con fini spesso in conflitto tra loro.
Ognuno desidera più servizi dallo stato, ma nessuno vuole sopportarne i costi.
Il sorprendente DOGE di Milei in Argentina
In Argentina, sotto la presidenza di Javier Milei, si è verificata una situazione atipica che ha suscitato molto interesse. Il presidente, insediatosi meno di un anno fa, ha già ridotto la spesa pubblica del 5% del PIL, risultando in un bilancio attivo per i primi nove mesi dell’anno. Milei non ha fatto sconti a nessuno, tagliando stipendi pubblici e pensioni e riducendo drasticamente gli investimenti. Nonostante le promesse, pochi, soprattutto all’estero, credevano potesse riuscirci. Da outsider della politica argentina, è ora considerato un modello per i movimenti conservatori occidentali.
Il fallimento della revisione della spesa in Italia
Non esiste un DOGE in Italia. Questo termine richiama piuttosto un ruolo storico diverso, tipico della Venezia antica. Tuttavia, dieci anni fa, abbiamo avuto un commissario alla “revisione della spesa” nella persona di Carlo Cottarelli, ex dirigente del Fondo Monetario Internazionale, che tra il 2022 e il 2023 sarebbe diventato anche senatore per il Partito Democratico. Ha mantenuto l’incarico per circa un anno, rinunciando alla fine perché ignorato dal governo. E non mirava nemmeno a tagliare un terzo del bilancio, ma solo a identificare alcune voci di spesa riducibili di qualche miliardo di euro.
Ma questo era già troppo per la politica spendacciona di Roma.
Il debito pubblico italiano è un problema enorme, anche se non lo ammettiamo nemmeno tra di noi. Se lo volessimo, potremmo ridurre questa montagna di debiti in pochi anni, senza ricorrere a drastici tagli sociali. Come? L’anno scorso, la spesa pubblica è stata di 1.145 miliardi di euro, di cui quasi 80 miliardi destinati al pagamento degli interessi. Dunque, la spesa direttamente controllabile ammontava a circa 1.065 miliardi, esattamente il 50% del PIL.
Servizi pubblici essenziali e i loro costi
Togliamo da questa cifra la spesa per la sanità (circa 130 miliardi), per l’istruzione (circa 80 miliardi) e per le pensioni (quasi 350 miliardi). Aggiungiamo anche circa 30 miliardi per la difesa e altri 60 per gli investimenti pubblici. Dopo aver considerato qualche altra piccola spesa, restano ancora circa 400 miliardi. Parliamo di quasi un quinto del PIL. È qui che dovremmo intervenire con un DOGE nostrano. È davvero necessario spendere così tanto per mantenere in piedi l’amministrazione statale, oltre ai servizi di base forniti ai cittadini?
Se riuscissimo a ridurre questa cifra di un quinto, avremmo risorse sufficienti per raggiungere il pareggio di bilancio e potremmo persino aumentare gli investimenti in settori cruciali come l’istruzione e la sanità. Da queste decisioni politicamente dolorose, ma necessarie, dipende la capacità dell’Italia di rimettersi in sesto. Dimenticate gli Eurobond, le strategie draghiane per spendere di più senza apparenti conseguenze e la revisione del Patto di Stabilità. Ciò di cui abbiamo bisogno sono tagli, non maggiore flessibilità fiscale.
Un DOGE per smantellare l’eccesso di stato
Non è concepibile che nel 1960 fosse sufficiente spendere il 30% del PIL per fornire servizi ai cittadini, mentre oggi il 50% sembra insufficiente. Non raccontiamoci favole sui bisogni che cambiano nel tempo, perché già nel 1975 la spesa pubblica aveva raggiunto il 40% del PIL.
Queste sono state scelte politiche che hanno avuto un impatto devastante sulla sostenibilità dei conti pubblici fino ai giorni nostri. Se chiamassimo un Musk qualunque a guidare un nostro DOGE, probabilmente rimarrebbe sorpreso di quanti risparmi potremmo realizzare senza privare gli italiani di servizi o sussidi essenziali per il loro sostentamento in tempi di difficoltà. Ma quei 400 miliardi di cui sopra alimentano un apparato di burocrati e politici superflui.
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Enzo Conti è profondamente radicato nella cultura italiana, grazie al suo lavoro di ristoratore e promotore del patrimonio locale. Il suo ristorante non è solo un luogo in cui gustare i sapori della Puglia, ma anche uno spazio dove cultura e storia si incontrano. Enzo organizza eventi per far conoscere le ricchezze della regione, affrontando anche questioni di società, politica locale e preservazione dell’ambiente attraverso il cibo.