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Futuro Bitcoin e Criptovalute: Le Previsioni degli Esperti di Cryptosmart!

Alessandro Ronchi di Cryptosmart
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Pubblicato da Enzo Conti
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Intervista a uno dei co-fondatori e dirigenti di Cryptosmart riguardo al futuro delle criptovalute, in particolare del Bitcoin, in un contesto mondiale in evoluzione.

Abbiamo avuto l’opportunità di parlare con il Dott. Alessandro Ronchi, co-fondatore e responsabile tecnico e amministrativo di Cryptosmart, la prima piattaforma di scambio di criptovalute interamente italiana, con sede a Perugia. L’intervista ha fornito l’occasione di esplorare con un esperto le dinamiche attuali del mercato delle criptovalute in un periodo di incertezza e turbolenza per i mercati finanziari internazionali.

  • 1. Dott. Ronchi, il panorama economico globale è attualmente segnato da incertezze su inflazione futura, tassi elevati e tensioni geopolitiche e commerciali. Qual è la percezione di questi fenomeni da parte vostra come imprenditori?

Il quadro macroeconomico attuale contribuisce a un’atmosfera di incertezza globale a causa delle intense tensioni geopolitiche e commerciali, che influenzano negativamente l’economia italiana.

Le nostre aziende, infatti, sono fortemente dipendenti dal commercio internazionale, il che genera ansia e preoccupazione tra consumatori e risparmiatori, con ripercussioni negative su tutti i settori, inclusa l’industria delle criptovalute.

  • 2. Il 2024 è stato un anno cruciale per Bitcoin, con l’halving e l’autorizzazione degli ETF spot negli USA. Come vedete il futuro del settore delle criptovalute?

Il 2024 è stato veramente un anno eccezionale per Bitcoin e le criptovalute in generale. Questo periodo è iniziato con l’approvazione da parte della SEC degli ETF spot su Bitcoin, un evento che ha conferito una legittimazione ufficiale a quest’asset nel mondo della finanza tradizionale, seguito da un incremento degli investimenti da parte di fondi e banche d’affari, favorendo la domanda e l’accettazione di un pubblico più ampio.

Inoltre, l’halving si è verificato quasi esattamente un anno fa, e come in passato, ha sostenuto le quotazioni nei mesi successivi. Ora, la sfida consiste nell’adottare un approccio regolatorio libero dai pregiudizi del passato. Importanti cambiamenti sono stati introdotti negli Stati Uniti, dove il nuovo presidente della SEC è notoriamente a favore delle criptovalute e il presidente degli Stati Uniti si è impegnato a proteggere quest’asset con politiche innovative rispetto a solo qualche mese fa.

  • 3. Bitcoin ha raggiunto nuovi massimi storici, ma molti si chiedono se sia ormai troppo tardi per investire. Le quotazioni, dopo aver segnato nuovi record all’inizio dell’anno in seguito all’elezione di Donald Trump, hanno poi perso i guadagni accumulati dopo la sua vittoria di novembre. Cosa consiglia agli investitori?

Comprendiamo le esitazioni. Il prezzo di Bitcoin è soggetto a significative fluttuazioni a breve termine, spesso influenzate da notizie, tweet di figure influenti e cambiamenti nel sentiment di mercato, con significativi picchi e cali. Tuttavia, è importante considerare questo asset da una prospettiva di lungo termine, dove i principali fattori di influenza sono l’aumento costante della massa monetaria di euro e dollari e l’adozione sempre più diffusa della criptovaluta a livello globale.

Le premesse del successo delle criptovalute negli ultimi anni rimangono immutate.

Le banche centrali hanno dovuto aumentare i tassi di interesse dal 2022 per contrastare l’alta inflazione. L’anno scorso hanno iniziato a ridurli e si prevede che continueranno a farlo anche nel prossimo futuro. È probabile che riattivino anche i programmi di espansione monetaria per sostenere le proprie economie, anche a costo di tollerare tassi d’inflazione sopra gli obiettivi prefissati. In contrasto, Bitcoin non può essere “stampato” in futuro. La sua offerta massima è fissata a 21 milioni di unità per i prossimi decenni, rendendolo un asset deflazionistico, ovvero un bene che protegge dall’inflazione. Infatti, basta un leggero aumento della domanda per vedere un incremento delle quotazioni nel tempo. Ciò lo rende una riserva di valore, a differenza delle monete fiat, sempre più deprezzate.

L’approccio dei governi sta cambiando rapidamente, spinto da quello americano. Le criptovalute non sono più viste come una minaccia, ma piuttosto come un’opportunità per consumatori, aziende, finanza e persino gli stati. La loro maggiore adozione le renderà sempre meno volatili nel tempo, poiché le transazioni sul mercato saranno sempre meno speculative.

  • 4. E l’Italia come si inserisce in questo contesto in evoluzione? Siamo pronti per la nuova era o prevale una logica di conservazione?

Il contesto internazionale si sta orientando verso la deglobalizzazione, tra protezionismi e dazi. L’Italia, essendo un’economia fortemente esportatrice, rischia molto, così come altri paesi come la Germania. Non possiamo più affidarci esclusivamente al commercio estero. Per noi diventa fondamentale puntare sull’innovazione tecnologica e creare un ecosistema adatto ad attrarre investimenti. È impensabile rimanere dipendenti dall’estero per quanto riguarda la tecnologia e la ricerca e sviluppo. In realtà, ci troviamo di fronte a una grande opportunità storica di cambiare direzione.

Tuttavia, la prima cosa da fare è evitare la fuga di capitali all’estero. Successivamente, è essenziale attrarre nuovi investimenti per evitare di soccombere anche nel nuovo contesto deglobalizzato che ci attende. Per questo, è cruciale che il legislatore crei un ambiente normativo, infrastrutturale e culturale attraente per i capitali. Una volta realizzato ciò, sarà più semplice sviluppare competenze e creare nuovi posti di lavoro qualificati in settori con alto potenziale di crescita. Cryptosmart ha creduto in questo, puntando sull’Italia.

  • 5. Le criptovalute non sono direttamente collegate ai commerci internazionali, quindi non dovrebbero risentire della guerra dei dazi appena iniziata e dovrebbero essere immuni dalla crisi. È davvero così?

Sì e no. È vero che le criptovalute, essendo asset digitali decentralizzati, non sono direttamente legate al commercio internazionale e quindi non subiranno l’impatto diretto del protezionismo in ascesa. Tuttavia, come abbiamo osservato nelle ultime settimane, le quotazioni sono diminuite insieme ai mercati azionari globali. Perché? Semplice, si tratta di asset percepiti come rischiosi che risentono di una diminuzione della domanda in un periodo di avversione al rischio. Proprio come accade per le azioni. I capitali si spostano verso asset considerati sicuri come obbligazioni e oro, per cui possiamo affermare che tra il mercato delle criptovalute e quello obbligazionario vi sia una correlazione generalmente inversa.

Tuttavia, anche in questo caso è importante adottare una prospettiva di lungo periodo, altrimenti perdiamo la visione del futuro di Bitcoin e delle altre criptovalute. I mercati azionari scendono per la paura verso la fine di un’era caratterizzata dalla globalizzazione economica, commerciale e finanziaria. Se questo scenario dovesse confermarsi, entreremmo in un’altra era con costi di produzione e prezzi al consumo strutturalmente più alti. L’aumento dell’inflazione metterebbe in evidenza gli asset che proteggono dalla perdita del potere d’acquisto. Ancora una volta, i token digitali potrebbero tornare a brillare.

Non dobbiamo mai dimenticare un dato storico fondamentale. Bitcoin, la madre delle criptovalute e sicuramente ancora oggi la più popolare al mondo, è stato introdotto sul mercato globale nel gennaio del 2009, nei mesi della grave crisi finanziaria scatenata dal fallimento di Lehman Brothers. La sfiducia verso la finanza tradizionale era massima tra i piccoli investitori e le banche centrali si affrettavano a salvare le banche stampando moneta e azzerando i tassi di interesse. Le criptovalute furono la risposta a tutto ciò, prosperando proprio in un clima di paura e persino disgusto verso gli asset tradizionali. Lo stesso si può affermare con ogni probabilità per quanto sta accadendo in questa fase di evoluzione dei mercati verso un sistema globale meno integrato sul piano commerciale.

  • 6. Come Cryptosmart state affrontando un rallentamento del vostro mercato o gli investitori stanno reagendo positivamente alla crisi in corso?

La paura e la tensione tra gli investitori sono palpabili a causa del contesto macroeconomico globale, motivo per cui le transazioni di criptovalute sono rallentate in questa fase, in attesa di sviluppi più rassicuranti.

Il contesto macroeconomico che stiamo vivendo genera paura e tensione tra gli investitori, che si trovano tutti in attesa, sia per le transazioni di acquisto che di vendita, in attesa di un quadro più rassicurante.

  • 7. In merito allo scenario globale in evoluzione, il dollaro è considerato sotto attacco in quelle parti del mondo ostili all’America per ragioni geopolitiche (vedi BRICS). Si parla da anni di dedollarizzazione, anche se i dati attuali non confermano l’inizio di questo processo. La divisa americana rimane la valuta di riserva mondiale, e anzi sembra rafforzare il suo ruolo. Qual è il suo punto di vista sulla questione e sul possibile impatto sulle criptovalute?

La dedollarizzazione appare come un processo che potremmo dover affrontare nel lungo periodo. Nessuno immagina che domani il dollaro venga eliminato o ridotto significativamente tra le riserve delle banche centrali. Non esistono alternative credibili al momento. Tuttavia, è anche vero che le stesse banche centrali stanno considerando le criptovalute come un possibile strumento di diversificazione delle riserve. Il dollaro è esposto a problemi come un potenziale deprezzamento futuro e le tensioni legate al debito americano. Bitcoin ha acquisito una certa fiducia come asset che, nel lungo periodo, tende ad apprezzarsi grazie all’offerta limitata. La sua adozione a fianco del dollaro potrebbe portare i seguenti indubbi vantaggi:

  1. Protezione contro la svalutazione del dollaro: se il cambio americano dovesse indebolirsi nei prossimi anni, in futuro Bitcoin potrebbe garantire agli asset delle banche centrali un’adeguata compensazione, evitando o riducendo le loro perdite. Una sorta di oro digitale, offrendo una protezione adeguata anche dall’inflazione;
  2. Diversificazione delle riserve: ridurre la dipendenza dal dollaro è percepito come una necessità per economie come quelle di Cina, Russia e gli altri membri dei BRICS. Potrebbe esserlo anche per gli stati alleati dell’America, al fine di ridurre la dipendenza strategica e aumentare il potere negoziale. Questo fatto è evidente in questa fase di tensione transatlantica. Inoltre, renderebbe le economie meno vulnerabili agli shock economici e geopolitici che influenzano il corso delle valute fiat;
  3. Salto tecnologico: le banche centrali potrebbero dare impulso all’innovazione tecnologica includendo Bitcoin tra le riserve valutarie. Questo a sua volta sosterrebbe la crescita economica di lungo periodo per le rispettive economie.

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