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Salari in crescita spingono il Pil: impatto decisivo sulle entrate fiscali!

Il peso dei salari sul Pil è cresciuto e traina le entrate fiscali
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Pubblicato da Enzo Conti
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L’importanza dei salari rispetto al PIL è aumentata da prima della crisi finanziaria globale del 2008 e ha un impatto significativo sulle entrate fiscali.

Il rafforzamento delle entrate fiscali oltre le aspettative ha permesso al governo di Giorgia Meloni di ridurre la previsione del deficit al 3% del PIL per quest’anno, rispetto al 3,3% di aprile. Questo risultato potrebbe favorire l’uscita dell’Italia dalla procedura di deficit eccessivo dell’Unione Europea. Nonostante possa sembrare paradossale, considerando i bassi salari dei lavoratori di cui giustamente si discute, è proprio l’aumentato peso dei salari a contribuire all’incremento delle entrate fiscali.

Il peso dei salari risale dagli anni 2000

Storicamente, il picco dell’incidenza dei redditi sul PIL si è verificato a metà degli anni Settanta, quando ha raggiunto il 48%. Il valore più basso dal 1960 è stato registrato all’inizio degli anni 2000, con il 37-38%. L’anno scorso, la massa salariale lorda, inclusi contributi previdenziali e imposte, è risalita al 39,4%.

Nell’ultimo anno prima della crisi finanziaria globale, ovvero il 2007, era al 38%. In termini assoluti, questo rappresenta una crescita di 250 miliardi di euro.

Retribuzioni del settore pubblico in calo

Una parte della massa salariale che ha subito un rallentamento: gli stipendi pubblici. Ammontavano a circa 158 miliardi nel 2007, mentre l’anno scorso sono aumentati a 196 miliardi. Sono diminuiti dal 9,8% all’8,9% del PIL. La loro quota sulla massa complessiva è scesa dal 25,8% al 22,6%. Un aumento in termini nominali del 24,2% rispetto al 40,5%. In pratica, la Pubblica Amministrazione incide meno sul totale degli stipendi dei dipendenti in Italia.

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Da considerare che nel periodo 2008-2024, l’inflazione italiana è stata del 35,4% cumulata. Questo significa che gli stipendi pubblici sono effettivamente diminuiti di oltre l’11% in termini reali, mentre la massa salariale complessiva di circa il 5%.

Escludendo il settore pubblico, il settore privato ha registrato un aumento delle retribuzioni lorde del 49,4%, ovvero del 14% al netto dell’inflazione. È importante notare, però, che il numero medio di lavoratori dipendenti è cresciuto da 16,9 milioni nel 2007 a 18,9 milioni nel 2024. Questo riduce l’incremento medio reale a poco più dello zero.

Impatto sulle entrate fiscali

Perché il maggiore peso dei salari influisce sulle entrate fiscali? I redditi da lavoro dipendente rappresentano circa la metà del gettito totale, una proporzione significativamente maggiore rispetto al resto dell’economia italiana. Ciò è dovuto al fatto che sono soggetti a tassazione progressiva e che per i lavoratori è molto difficile evadere il fisco, a differenza di chi possiede una partita IVA e può decidere di non fatturare alcuni importi.

L’aumento degli occupati ha quindi contribuito a generare un aumento delle entrate fiscali rispetto al PIL. Questo spiega l’incremento della pressione fiscale nel 2024 di 1,3%. Non si tratta di un aumento delle tasse, ma del loro gettito, influenzato anche dal fenomeno del “drenaggio fiscale”, risultante dall’inflazione e dalle aliquote progressive.

Non è possibile affidarsi solo all’occupazione per stimolare la crescita economica, piuttosto il contrario. L’aumento dei lavoratori dipendenti è sicuramente una buona notizia, ma a livello macroeconomico può limitare la crescita del PIL senza un corrispondente aumento.

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Quando ciò non si verifica, la produttività stagna o addirittura diminuisce, influenzando negativamente la crescita. Ecco perché i salari rimangono bassi, nonostante il miglioramento del mercato del lavoro.

Peso dei salari relativamente basso in Italia

I dati europei indicano che il peso dei salari in Italia è relativamente basso. La media UE è stata del 47,9% nel 2024, mentre nell’Eurozona sale al 48,5%. In Francia, supera il 60%, una delle percentuali più alte al mondo. Questa grande differenza non è tanto dovuta alle maggiori retribuzioni lorde, quanto piuttosto a una maggiore occupazione, che in media è superiore al 70% nel continente, mentre in Italia si attesta sotto il 63%.

giuseppe.timpone@investireoggi.it

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