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Scopri il Nuovo Accordo tra Fratelli d’Italia e Forza Italia: Rivoluzione Irpef al 33%!

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Pubblicato da Enzo Conti
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La riduzione del tasso Irpef dal 35% al 33% per il secondo scaglione di reddito è di nuovo al centro dell’attenzione dopo le elezioni in Umbria.

Forza Italia rinnova la pressione per includere nella legge di Bilancio la diminuzione dell’aliquota Irpef dal 35% al 33% che colpisce il secondo scaglione di reddito, compreso tra 28.000 e 50.000 euro lordi annuali. Si prevede di attendere i risultati sulla chiusura del concordato preventivo biennale fino al 12 dicembre. La prima scadenza ha generato entrate per 1,3 miliardi di euro, al di sotto delle previsioni iniziali. Con questa somma, la riduzione dell’Irpef sarebbe finanziata solo per l’1% sul secondo scaglione.

Sarebbe necessario il doppio per avvicinarsi alla proposta di Forza Italia, guidata dal vicepremier Antonio Tajani.

Alleanza tra Fratelli d’Italia e Forza Italia sul tema fiscale

Fratelli d’Italia, finora il partito più cauto sul tema fiscale all’interno della maggioranza di governo, sta diventando sempre più aperto. Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha espresso la sua disponibilità a supportare il ceto medio. Non si esclude che, anche se non direttamente inserito nella legge di Bilancio, la riduzione dell’Irpef possa essere implementata all’inizio del 2025 tramite un decreto dedicato. L’idea iniziale non è solo quella di abbassare di due punti percentuali l’imposta sui redditi fino a 50.000 euro, ma anche di aumentare la soglia a 60.000 euro. Questa estensione avrebbe un costo di circa 4 miliardi e attualmente sembra una cifra irraggiungibile.

La Lega non è soddisfatta. Preferirebbe che le risorse fossero utilizzate per aumentare la soglia di reddito a cui applicare la flat tax del 15% per le partite IVA. Il vicepremier Matteo Salvini vorrebbe portarla da 85.000 a 100.000 euro. Ha già fatto notare ai suoi colleghi del governo che un incremento delle entrate fiscali tra i lavoratori autonomi sarebbe effettivamente legato a questa imposta “piatta”. L’Irpef al 33% sul secondo scaglione rimane comunque un obiettivo intermedio fortemente sostenuto da Forza Italia.

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Lega indebolita dalla sconfitta in Umbria

Recentemente, sul piano politico, si sono verificati alcuni cambiamenti.

Il centro-destra ha perso le elezioni regionali sia in Emilia-Romagna che in Umbria. Il risultato negativo era previsto nella prima, ma non in queste proporzioni. E a Perugia la coalizione sperava di replicare il successo ottenuto in Liguria. Qualcosa non ha funzionato. La sconfitta è stata in parte attribuita, seppur non pubblicamente, alla Lega di Salvini, con la governatrice uscente e candidata Donatella Tesei. Una campagna elettorale ritenuta non all’altezza e i toni eccessivi del leader leghista non sono stati ben visti dagli alleati.

L’Umbria ha ulteriormente indebolito la Lega, che è stata superata nei consensi da Forza Italia. Questo rafforza la posizione negoziale di Tajani, che cerca di ottenere dall’esecutivo misure simbolo come l’aumento delle pensioni minime e la riduzione delle tasse, a partire dall’Irpef al 33%. La Lega non ottiene molto con questa manovra finanziaria. Mancano nuove misure per i pensionamenti anticipati e l’estensione della flat tax per le partite iva. Salvini sperava di rafforzarsi con la vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti. Ha alzato la voce, ma i risultati iniziali non hanno soddisfatto le sue aspettative.

Irpef al 33% per sostenere il ceto medio

La riduzione dell’Irpef al 33% offrirebbe finalmente un vantaggio al ceto medio. Il risparmio fiscale raggiungerebbe i 440 euro annui per chi ha un reddito di 50.000 euro. Se l’estensione fosse applicata fino a 60.000 euro, chi dichiara tale importo risparmierebbe fino a 1.440 euro. Ciò è dovuto al fatto che sopra i 50.000 euro l’aliquota attuale è del 43%. Sugli ultimi 10.000 euro, quindi, il risparmio sarebbe di 1.000 euro (dal 43% al 33%). Non si tratta di favorire un partito piuttosto che un altro. Il ceto medio necessita di tasse più basse per stimolare i consumi e contribuire alla crescita dell’occupazione, oltre a ridurre gli incentivi all’evasione fiscale.

Non si può sempre pensare che i contribuenti accettino passivamente l’aumento delle entrate senza ricevere nulla in cambio.

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