Il tema della sanità è estremamente delicato per gli italiani, da nord a sud. La percezione comune è che il Servizio Sanitario Nazionale subisca un progressivo indebolimento ad opera dei vari governi, a causa di finanziamenti ritenuti inadeguati. La questione è di estrema gravità, poiché la salute è un tema serio. Tutti i partiti politici sono consapevoli di questo e cercano di distanziarsi dall’accusa di aver mai operato tagli alla sanità. La legge finanziaria del 2036 ha riacceso le polemiche su questo fronte.
Secondo l’attuale governo di Giorgia Meloni, che presenta dati alla mano, i finanziamenti sono stati incrementati. Le opposizioni, però, sostengono il contrario. Come in questi casi, è fondamentale consultare i dati ufficiali, che non sono influenzati dalla politica.
Tagli alla sanità, esistono davvero?
La questione dei tagli alla sanità è più complessa di quanto si possa pensare. Cosa intendiamo esattamente con “tagli alla sanità”? Sembra semplice: si tratterebbe di una riduzione dei fondi. Questo renderebbe evidente un decremento delle spese. Tuttavia, la realtà è più sfumata: se l’incremento dei fondi è inferiore all’inflazione, possiamo parlare di tagli? E se aumentano in linea o più dell’inflazione, ma si riducono in rapporto al PIL? E se l’incremento o la riduzione dei fondi non è proporzionale all’aumento o alla diminuzione della popolazione residente?
Tabella Istat 2010-2026
Prima di analizzare i numeri, è importante precisare che parleremo di tagli alla sanità solo se i fondi allocati sono diminuiti in termini pro-capite e reali, ovvero considerando sia l’inflazione che la popolazione residente. Ecco i dati dal 2010 al 2024. I numeri di quest’anno possono subire lievi variazioni, poiché il bilancio finale sarà redatto a consuntivo:
Dalla tabella dell’Istat, si osserva che la spesa sanitaria statale dal 2010 al 2024 è aumentata di quasi 30 miliardi di euro.
Non si può parlare di tagli alla sanità, a meno che l’aumento percentuale della spesa pro-capite (+29%) non sia inferiore all’inflazione accumulata nel periodo. È stato così? L’inflazione dal 2010 al 30 settembre scorso è stata del 28,5%. In sostanza, la spesa sanitaria è cresciuta in linea con l’aumento medio dei prezzi al consumo.
Tagli alla sanità nel triennio 2011-2013
Non ci siamo limitati a questa analisi. Abbiamo esaminato i dati anno per anno. Abbiamo scoperto che in sei degli ultimi quattordici anni la spesa pro-capite è diminuita in termini reali. Nella tabella sopra citata, abbiamo il tasso di crescita nominale annuale e, tra parentesi, il tasso di crescita reale, ovvero al netto dell’inflazione. I tagli alla sanità sono effettivamente avvenuti nel triennio 2011-2013, approssimativamente l’ultimo mandato del governo Berlusconi e i due sotto il governo Monti. Ma i cali più significativi si sono verificati negli ultimi due anni: -5,9% nell’ultimo anno del governo Draghi e -3,4% nel primo anno del governo Meloni.
- 2011: +1% (-1,7%)
- 2012: +0,7% (-2,3%)
- 2013: -1% (-2,2%)
- 2014: +2,8% (+2,6%)
- 2015: +0,05% (0)
- 2016: +1,3% (+1,4%)
- 2017: +1,6% (+0,4%)
- 2018: +1% (-0,2%)
- 2019: +1,2% (+0,6%)
- 2020: +5,5% (+5,7%)
- 2021: +2,2% (+0,3%)
- 2022: +3,2% (-5,9%)
- 2023: +2,3% (-3,4%)
- 2024: +4% (+3%*)
Calo della spesa sanitaria reale post-pandemia
Una spiegazione è possibile. Terminata la pandemia, molte misure straordinarie di spesa sono state ritirate, dato che l’emergenza sanitaria è sostanzialmente conclusa da due anni. Se confrontiamo la spesa sanitaria prevista per quest’anno con i livelli pre-Covid, in termini pro-capite otteniamo un aumento nominale del 18,4%. Poiché nel frattempo l’inflazione è stata del 17%, la crescita reale è dell’1,4%. Pertanto, non si può parlare di veri tagli alla sanità in questo ultimo periodo.
Ad esempio, quest’anno la crescita sarà del 3% sopra l’inflazione. Per l’anno prossimo, la spesa aumenterà di quasi 2,5 miliardi, pari all’1,9% in termini pro-capite previsti. Questo sarebbe sostanzialmente in linea con l’inflazione programmata (+1,8%), quindi non possiamo parlare neanche in questo caso di tagli programmati.
Invece, in rapporto al PIL la spesa sanitaria è diminuita: dal 6,5% del 2010 al 6,05% dello scorso anno. Se lo stato avesse mantenuto la quota invariata, nel 2023 avremmo speso circa 9,5 miliardi in più, equivalenti a circa +160 euro per abitante. Con queste cifre, probabilmente avremmo goduto di un servizio sanitario più efficace.
La spesa da sola non è sufficiente
Pur non essendoci stati tagli alla sanità, perché la percezione è che il servizio stia peggiorando? Innanzitutto, perché non basta spendere. Nella sanità ci sono sprechi, come in tutti gli altri settori della Pubblica Amministrazione. Dopo la riforma della Costituzione del 2001, che ha regionalizzato la gestione del servizio, la sanità è stata oggetto di grande attenzione a causa di fenomeni di corruzione, non solo nel Sud. Con gli acquisti centralizzati reintrodotti nel decennio scorso, si è cercato di arginare il problema. I risultati, tuttavia, non sono stati evidenti, complici anche la riduzione del personale medico e infermieristico per varie ragioni che non analizzeremo qui.
Inoltre, dobbiamo essere completamente onesti: l’inflazione non è un parametro assoluto quando analizziamo la sanità. Macchinari e spese in ricerca e sviluppo tendono ad aumentare di costo molto più rapidamente rispetto alla media dei prezzi per la maggior parte degli altri beni e servizi. Tenendo conto di questo, forse i tagli alla sanità si manifesterebbero.
Tagli alla sanità, aumento degli over 65
Infine, anche il dato sulla popolazione residente da solo non dice molto. Gli abitanti in Italia sono diminuiti negli ultimi anni, ma principalmente perché nascono meno bambini. La popolazione che sta crescendo è quella più anziana, che ha anche maggior bisogno di cure mediche.
Gli over 65 sono passati dai 12,1 milioni del 2010 ai 14,358 milioni di quest’anno. In pratica, il segmento della popolazione più sensibile è cresciuto di oltre 2 milioni di persone. Anche se i tagli alla sanità nel senso da noi indicato non ci sono stati, poiché la domanda di cure è esplosa, il servizio è diventato più carente. È chiaro che un giovane, che raramente si reca in ospedale o presso il proprio medico curante, non percepisca queste carenze. Ma sono coloro che più frequentemente necessitano di visite, accertamenti, ricoveri e farmaci a risentire delle mancanze.
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