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Crisi Industriale Italiana: Il Ruolo Cruciale dei Costi Energetici

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Pubblicato da Enzo Conti
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La crisi del settore industriale italiano si colloca all’interno della flessione generale europea e coinvolge i costi di produzione gravati da elevati prezzi dell’energia.

Ottobre si tinge di rosso, ma questa non è una novità. La crisi del settore industriale italiano è diventata così marcata che l’ultimo segno positivo risale a gennaio dell’anno precedente. Per 21 mesi di fila, gli indici di tendenza hanno mostrato variazioni negative. Si registra una riduzione annua del 3,6% e una stagnazione mensile per il mese di ottobre. Dall’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina – febbraio 2022 – la produzione nazionale ha subito un calo del 6,7%. Perché si fa riferimento all’invasione russa? Perché quell’episodio, già tragico di per sé, ha segnato l’inizio di un’escalation nei prezzi dell’energia.

È noto che il prezzo del gas ha raggiunto in Europa un picco storico di 340 euro per Mega-wattora in agosto e il petrolio ha toccato i 120 dollari al barile nelle settimane successive.

Peggioramento della crisi industriale italiana a causa dell’energia

Anche ad oggi il prezzo del gas non è ritornato ai livelli anteguerra, che oscillavano tra i 15 e i 30 euro. Questa situazione ha avuto un impatto disastroso sull’industria italiana. I costi di produzione sono saliti alle stelle e le imprese hanno dovuto tagliare la produzione per evitare di accumulare scorte invendute, poiché i prezzi elevati frenano le vendite.

La Germania, la peggiore

La difficile situazione dell’industria italiana non è un caso isolato nel contesto europeo. Al contrario. In Germania si è verificato un tracollo del 10,8% dall’inizio del conflitto. Francia e Spagna si sono comportate relativamente meglio fino ad oggi, con un +0,2% e un -0,2% rispettivamente. Cosa hanno in comune questi due paesi? Producono una parte significativa della loro energia tramite il nucleare, una scelta che noi italiani, con una saggezza apparente, abbiamo abbandonato con il referendum del 1987. La Spagna sfrutta anche le energie rinnovabili, ottenendo così un mix energetico ottimale.

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Il costo dell’elettricità per le aziende nel primo semestre di quest’anno è stato più elevato in Germania (0,25 euro per KWh) e in Italia (0,21 euro per KWh) rispetto a Francia (0,17 euro per KWh) e Spagna (0,15 euro per KWh).

La buona notizia è che il prezzo del gas naturale per i consumi non domestici ha visto una riduzione del 39% in Italia contro il -14,9% in Francia. La decisione della Germania di abbandonare il nucleare, con un netto calo delle importazioni di gas russo, si è rivelata estremamente dannosa. Un ringraziamento va ai Verdi e ai loro alleati politici per questi anni di governance.

Crollo della produzione dal 2007

Ma la crisi dell’industria italiana non ha origine con la guerra russo-ucraina. La nostra produzione è diminuita di quasi il 25% dalla fine del 2007. Questo è il dato veramente allarmante. Abbiamo perso capacità manifatturiera, pur rimanendo al secondo posto in Europa dopo la Germania in termini di rapporto PIL. La Germania ha perso a sua volta il 10,5% di produzione dal 2007, facendo relativamente molto meno peggio di noi. Ma la situazione si è invertita proprio negli ultimi anni, ora che anche i costi di produzione tedeschi sono diventati insostenibili.

È possibile uscire da questo declino? Ci sono tre settori che hanno subito impatti negativi significativi con la guerra. Senza dubbio l’automotive con un crollo del 38,8%, ma anche la siderurgia (acciaio) con un -15,6% e la chimica con quasi il -13%. Stiamo perdendo quote di produzione in tutti i settori chiave per l’economia. E questi dati sono particolarmente influenzati da crisi specifiche come quelle di Stellantis, dell’ex Ilva e di Versalis (ex Enichem). I cosiddetti tavoli negoziali che si aprono ai ministeri e non si chiudono mai – anzi, a volte chiudono proprio le aziende in crisi – sono il massimo esempio dell’incapacità del nostro Paese di trovare soluzioni rapide ed efficaci, soprattutto a lungo termine.

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Poca consapevolezza sulla crisi industriale italiana

La crisi dell’industria italiana non si risolverà con qualche sussidio o misure temporanee, ma con soluzioni strutturali.

E queste devono derivare necessariamente dalle decisioni politiche. Non è più possibile tornare indietro sul nucleare e anche se lo facessimo, i primi risultati verrebbero probabilmente visti non prima di 20 anni. Nel frattempo, stiamo facendo poco per affrontare il problema alla radice, dopo averlo gestito in emergenza con costosi sussidi statali, ancora parzialmente attivi oggi. La stessa lotta ideologica contro i rigassificatori mostra chiaramente quanto sia bassa la consapevolezza collettiva rispetto alle vere poste in gioco.

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