Ieri, il prezzo dell’oro ha toccato un altro massimo storico, superando i 4.200 dollari per oncia e registrando un incremento del 60% dall’inizio dell’anno. Questi numeri, fino a poco tempo fa inconcepibili, sono visti dagli analisti come precursori di nuovi record. Nello stesso giorno, la Banca d’Italia ha rilasciato i dati sul debito pubblico di agosto, che ha raggiunto i 3.082,2 miliardi di euro, segnando anch’esso un record, questa volta però negativo. Ma potrebbe l’oro un giorno permettere di azzerare il debito?
Riserve d’oro della Bankitalia
I due fenomeni possono sembrare scollegati.
L’oro è considerato un bene rifugio a livello globale da millenni, al contrario il debito rappresenta le obbligazioni finanziarie dello stato nei confronti dei creditori sia nazionali che internazionali. Il punto di incontro tra questi due elementi sono le riserve auree. L’Italia si posiziona al terzo posto a livello mondiale per quantità di oro detenuto, preceduta solo da Stati Uniti e Germania. Prima della Seconda Guerra Mondiale, l’Italia possedeva 120 tonnellate di oro, che scesero a soli 20 tonnellate subito dopo. La Bankitalia ha poi incrementato le proprie riserve aurifere anno dopo anno, attingendo dalle riserve valutarie accumulate attraverso il commercio internazionale.
Oggi, le riserve italiane ammontano a 2.451,8 tonnellate, un dato che è rimasto stabile per decenni. Il loro valore di mercato, basato sulle quotazioni di ieri, supera i 285 miliardi di euro. Disponiamo di un vero e proprio tesoro custodito nei caveau di Palazzo Koch, anche se quasi metà di questo è tenuto all’estero per motivi di sicurezza. Questa somma, per quanto elevata, non sarebbe sufficiente per azzerare il debito, anche supponendo di voler vendere tutto l’oro in nostro possesso.
I limitati benefici delle riserve auree
E vendere l’oro, del resto, non è un’opzione frequentemente discussa. Di tanto in tanto, la proposta o il desiderio emergono su qualche giornale, ma il dibattito tende a rimanere teorico.
Non esiste una volontà politica di procedere in questa direzione. Per le ragioni già esposte, non sarebbe vantaggioso disfarsi di un asset così prezioso per ottenere risultati così modesti. Vendendo tutto l’oro, il debito potrebbe essere ridotto al di sotto del 125% del PIL, permettendo un risparmio netto di 7,5 miliardi di euro sui costi degli interessi, con un miglioramento dello 0,33% del PIL nelle finanze pubbliche. Tuttavia, ciò vorrebbe anche dire privarsi di un asset considerato una garanzia per l’intero sistema economico del paese.
Questioni chiuse? Non proprio. La situazione potrebbe cambiare nei prossimi anni. Se il prezzo dell’oro continuasse a salire come negli ultimi tempi, i pensieri potrebbero iniziare a cambiare nei corridoi del potere. Considerate questo: in poco più di vent’anni, il prezzo dell’oro è aumentato di dieci volte. Se questa tendenza dovesse continuare per i prossimi venti anni, l’oro potrebbe raggiungere i 45.000 dollari per oncia. Anche se questa cifra può sembrare incredibile, così si pensava anche delle attuali quotazioni fino a poco tempo fa. Con un cambio stabile con l’euro, le riserve auree potrebbero valere circa 3.000 miliardi di euro. A quel punto, l’ipotesi di azzerare il debito tramite la vendita di oro non sarebbe più così inverosimile.
Un futuro senza debito non è più un’utopia
È vero anche che in questi vent’anni il debito pubblico italiano è raddoppiato in termini assoluti. Se questa tendenza dovesse proseguire, entro il 2045 il debito potrebbe superare i 6.000 miliardi di euro. Sperando che il rapporto debito/PIL si stabilizzi, potremmo comunque riuscire a ridurne l’incidenza grazie alle riserve auree. Queste sono solo supposizioni su un futuro incerto. Per ora, l’idea di azzerare il debito rimane solo un concetto affascinante, ma il futuro potrebbe riservare sorprese. La crescente quotazione dell’oro è anche alimentata dalla paura dei mercati verso l’eccesso di debiti nelle grandi economie, segno che i due fenomeni sono più strettamente collegati di quanto possa sembrare.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
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