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Scandalo a Bologna: Vivere in 8 Metri Quadrati è Indecente?

Il mini appartamento di Bologna
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Pubblicato da Enzo Conti
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L’appartamentino di Bologna di soli 8 metri quadrati rivela una realtà di degrado che supera la singola proprietà.

Questo caso ha guadagnato l’attenzione dei media per essere considerato un esempio eclatante di degrado. A Bologna, è stato pubblicato un annuncio per affittare un appartamentino di 8 metri quadrati al prezzo di 600 euro al mese. Questo spazio include un letto singolo, un angolo cottura con forno elettrico, un mini-frigorifero, ovviamente una doccia, un WC e un lavandino, un piccolo armadio adatto solo per vestiti da bambola, e una scrivania che più che altro è un ripiano scomodo per appoggiare fogli e penna.

Reazioni politiche e critiche sull’appartamento di Bologna

Un giornalista dell’Ansa ha esplorato l’unità abitativa, situata in un edificio senza ascensore in via Orfeo, nel quartiere di Santo Stefano. L’agente immobiliare che ha mostrato l’appartamento (se così si può dire) ha evidenziato che l’appartamentino sarà disponibile solo da dicembre in avanti. Attualmente è abitato da un ragazzo “alto”, come se ciò implicasse una qualche forma di comfort.

La notizia si è diffusa rapidamente online. Non solo la politica ha espresso pareri, ma anche la Fiaip Bologna, l’associazione degli agenti immobiliari. Il presidente provinciale, Massimiliano Bonini, ha esortato i suoi colleghi a più professionalità, mettendo in dubbio persino l’abitabilità di tale spazio. Il recente Decreto “Salva Casa” del governo Meloni, fortemente sostenuto dal ministro Matteo Salvini, ha stabilito che la superficie minima per un appartamento abitabile sia di 20 metri quadrati, un netto calo rispetto ai precedenti 28 metri. Questo appartamento è ben al di sotto di questi standard.

Salvini ha criticato duramente l’annuncio dell’appartamento di Bologna, definendolo “quasi disumano”. Ha anche sottolineato l’importanza di altri criteri necessari per l’abitabilità, come adeguata ventilazione e illuminazione, che sono quasi impossibili da garantire in un cubo di 8 metri quadrati, che potrebbero essere anche meno.

Si parla di una superficie reale di 6 metri quadrati.

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Agenti immobiliari poco scrupolosi

L’agente immobiliare che ha osato rappresentare questo annuncio, non solo legalmente discutibile ma decisamente indecente, ha avuto la sfacciataggine di affermare che il prezzo dell’affitto è in linea con i prezzi delle grandi metropoli come Milano. Per questo “professionista”, quindi, sarebbe normale richiedere 75 euro al metro quadrato, che equivarrebbero a 7.500 euro per un appartamento di 100 metri quadrati. Prezzi che ricordano quelli di Manhattan!

Se c’è una vergogna in questa vicenda, non è solo del proprietario che cerca di trarre profitto da un ambiente così ridotto. È dell’agenzia che si presta a ridurre la qualità del suo servizio promuovendo la locazione di un vero e proprio buco. Situazioni del genere dovrebbero essere sanzionate dal mercato stesso, girandogli le spalle. Non si dovrebbe fidare di chi è disposto a vendere qualsiasi cosa, credendo di essere un genio degli affari.

Bologna, città di studenti e lavoratori pendolari

Ma la vera indecenza è, soprattutto, di chi accetta di vivere in quell’appartamento. Nessuno è costretto a firmare un contratto sotto minaccia. Cosa spinge un italiano, cresciuto in uno dei paesi più ricchi del mondo, a vivere in una situazione così assurda? Bologna, città universitaria, attira da sempre giovani da tutta Italia. È anche una città operosa e prospera, con molti lavoratori pendolari. Di conseguenza, sia i prezzi degli immobili che gli affitti sono elevati, spesso più redditizi rispetto a Milano.

Dovremmo chiederci cosa spinga la domanda ad accettare condizioni di invivibilità. L’anno scorso abbiamo visto la protesta degli studenti in tenda davanti agli atenei principali.

La protesta è durata poco, perché in pochi ci hanno creduto. Non è possibile che lo stato limiti i prezzi degli affitti. Un tempo c’era l’equo canone, che ha causato disastri nel mercato immobiliare, con affitti in nero e un’offerta limitata di immobili nelle città. L’unica soluzione per abbassare i prezzi è aumentare l’offerta e/o ridurre la domanda.

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Maggiore offerta e minore domanda per ridurre i prezzi

L’offerta di case può sicuramente aumentare in città come Milano, incentivando i proprietari a mettere in affitto gli immobili. A Milano ci sono 100.000 appartamenti vuoti. Immaginate se anche solo la metà di questi fosse messa sul mercato! Perché ciò non avviene? I proprietari si sentono poco protetti contro gli inquilini morosi. Non possiamo escludere che molte di queste case necessitino di ristrutturazioni prima di essere considerate abitabili. Più complesso, invece, il tema delle nuove costruzioni. Oltre ai limiti fisici, ci sono criteri di sostenibilità ambientale che impediscono alle amministrazioni di approvare facilmente nuovi progetti edilizi.

E per quanto riguarda la domanda, siamo davvero sicuri che sia necessario vivere a Milano o Bologna per studiare? Oltre al fatto che nelle periferie si trovano immobili meno costosi e spesso in migliori condizioni, c’è una tendenza generazionale a concentrarsi nelle università più prestigiose, come se tutti avessero il diritto di studiare nelle facoltà più rinomate. È triste ammetterlo, ma bisogna anche pensare al portafoglio di mamma e papà. Se la famiglia ha risorse finanziarie limitate, sarebbe meglio investirle per far studiare il figlio (se possibile) vicino casa, piuttosto che alimentare un mercato immobiliare folle a migliaia di chilometri di distanza.

L’appartamento di Bologna rivela un mercato degli ingenui

È legittimo che un giovane desideri studiare dove preferisce, ma l’idealismo deve lasciare spazio alla realtà. La storia dell’appartamento indecente di Bologna ci mostra una città dove è possibile vendere e affittare di tutto, dato che la domanda è alta e ci sono molti ingenui.

C’è chi pensa che valga la pena spendere una fortuna per dormire con i piedi sotto il piano cottura e il frigorifero a pochi centimetri dalla faccia, considerando che tanto in casa ci si sta poco tra un aperitivo e una festa universitaria. E a pagare è sempre papà.

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