Parlando più di un caos che di un semplice gioco di potere bancario, assistiamo a una situazione complessa dopo che Unicredit ha proposto un’offerta pubblica per acquisire il 100% di Banco BPM. Si prevedeva la formazione di un terzo polo bancario tra Banco BPM e Monte Paschi di Siena, ma ora la realtà è ben più intricata per il settore bancario italiano, complicata ulteriormente dall’operazione che coinvolge l’affare Mediobanca-Generali orchestrato dal governo di Giorgia Meloni. Il Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha espresso chiaramente il suo disappunto verso Andrea Orcel, minacciando l’attivazione dei poteri speciali del governo.
Il CEO di Unicredit ha confermato il suo scarso interesse verso l’istituzione toscana.
La nuova fase di risiko sulle banche italiane
L’azione di Unicredit potrebbe tuttavia essere utilizzata dallo stesso governo per prevenire un’acquisizione straniera di Banco BPM. Sembra che Orcel abbia anticipato un possibile tentativo di offerta da parte di Crédit Agricole, che detiene già una quota del 12% in Banco BPM. Cosa faranno ora i francesi? Si sposteranno su un’altra banca italiana, come si vocifera possa essere BPER? E Unicredit rinuncerà definitivamente a Commerzbank o tornerà alla carica dopo le elezioni anticipate in Germania, una volta formato il nuovo governo?
Interrogativi sull’affare Mediobanca-Generali
Uno dei grandi quesiti riguarda il futuro di Trieste. Pare che un’intesa segreta tra Francesco Gaetano Caltagirone e la famiglia Del Vecchio con Banco BPM abbia portato alla vendita del loro 27,57% in Mediobanca, permettendo così alla banca di aumentare ulteriormente la sua quota, cosa che a loro, non essendo entità bancarie, è preclusa. Con Mediobanca che detiene il 13% di Generali e con un possesso complessivo del 16,85% nella compagnia, la banca milanese potrebbe trovarsi a guidare con il sostegno dei due azionisti durante le assemblee.
Unicredit ha messo sottosopra tutti i piani, come un bombardamento che lascia un edificio in rovina. Ci vorrà tempo per vedere chiaramente la nuova configurazione degli asset bancari. Nel frattempo, non si può dimenticare Intesa Sanpaolo, il maggiore gruppo bancario italiano, che potrebbe decidere di rispondere a Orcel con una mossa di acquisizione interna. La certezza è che le banche italiane non sono mai state così desiderate, attrattive sia in Italia che all’estero. Ricordiamo che il 93% dell’azionariato di Unicredit è straniero.
I crediti a rischio ora sotto controllo
Se guardassimo indietro di qualche anno, la situazione sarebbe molto diversa. Le banche italiane erano malviste e viste come potenziali epicentri di una crisi finanziaria europea, soffrendo per il crollo dell’economia nazionale e la crisi del debito sovrano. Erano piene di crediti deteriorati che avevano raggiunto i 200 miliardi di euro, oltre un decimo dei prestiti concessi, con fino a 400 miliardi di titoli di stato nei loro bilanci. Tuttavia, ora i crediti a rischio netti delle coperture sono solo poco più di 30 miliardi, l’1,49% dei prestiti, una netta riduzione rispetto ai 70 miliardi di soli cinque anni fa, un miglioramento che ha visto le banche italiane guadagnare oltre il 235% in borsa dai minimi pre-lockdown di marzo 2020, un incremento superiore a quello delle banche europee, che è stato meno del 175%. Questa performance superiore ha favorito Piazza Affari, data la grande incidenza del settore bancario.
Ora le banche italiane sono attrattive perché generano profitti e sono piene di risparmi degli italiani, con circa 1.800 miliardi di liquidità e altri 260 miliardi in obbligazioni, un patrimonio che spiega il loro rinnovato interesse sia a livello domestico che internazionale. E questa è sicuramente una buona notizia. Se tutti ti cercano e desiderano, significa che hai valore.
Le banche italiane non sono più le cenerentole d’Europa
Le banche italiane sono proficue perché prestano con saggezza e beneficiano di un’economia domestica che, sebbene cresca lentamente, è sostanzialmente solida. Anche i BTP che detengono sono visti ora più come opportunità che come rischi, con aspettative di tassi di interesse in calo nei prossimi trimestri. Nonostante i nostri istituti bancari siano ancora piccoli rispetto a quelli tedeschi, la distanza si è ridotta. La mossa di Unicredit verso la Germania dimostra che non siamo più solo oggetto di desiderio da parte di entità straniere, ma possiamo anche giocare un ruolo attivo sullo scenario internazionale, creando sconcerto e preoccupazione all’estero.
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