Ieri, il Ministero dell’Economia ha comunicato la vendita del 7% del capitale di Banca Monte dei Paschi di Siena, offrendo 88 milioni di titoli mediante un’operazione di “accelerated bookbuilding”, la terza in meno di dodici mesi. A causa dell’alta domanda, al termine della vendita è stato rivelato che la percentuale di capitale venduta era del 15%, portando la partecipazione dello Stato dal 26,7% all’11,7%. La notizia saliente è che la maggior parte delle richieste è provenuta dal Gruppo Bpm, che sotto la guida di Giuseppe Castagna ha acquisito il 5% per 530 milioni di euro.
Anima, d’altra parte, ha investito 219 milioni per il 3%. La società di assicurazioni, che già possedeva l’1%, ha così incrementato la sua quota totale al 4%, essendo controllata al 22,5% proprio da Piazza Meda, che recentemente ha lanciato un’Offerta Pubblica di Acquisto per acquisire fino al 100%.
Altri italiani investono in Mps
Ora il Gruppo Bpm detiene il 9% di Monte Paschi, diventando il secondo maggiore azionista dopo il Tesoro. È noto anche che Delfin, l’holding di Leonardo Del Vecchio, ha acquisito il 3,5%. A differenza delle precedenti due operazioni, che avevano visto solo istituti stranieri come acquirenti, questa volta a partecipare sono stati gli investitori istituzionali italiani.
Un nuovo polo bancario in vista?
Pur negando l’intenzione di formare il tanto discusso terzo polo bancario e mantenendo una posizione indipendente, Piazza Meda ha dichiarato di non voler chiedere alla Banca Centrale Europea l’autorizzazione per superare il 10% di partecipazione. Tuttavia, le speculazioni continuano. Proprio ieri mattina, Anima ha informato il suo azionista di controllo dell’intenzione di acquisire un ulteriore 3% di Mps, per evitare di infrangere la “passivity rule”, e per questo è stato convocato un consiglio di amministrazione straordinario di Bpm.
Con questa operazione, il Tesoro ha incassato altri 1,1 miliardi, avendo venduto le azioni Mps con un premio del 5% (5,792 euro) rispetto al loro prezzo di borsa di 5,52 euro.
Nelle due precedenti vendite, invece, le azioni erano state cedute a un prezzo inferiore: la prima tranche del 25% era stata venduta nel novembre 2023 a 2,92 euro per un incasso di 920 milioni; la seconda tranche del 12,5% a fine marzo a 4,50 euro per altri 650 milioni. Complessivamente, gli incassi per lo stato ammontano a quasi 2,7 miliardi, ben oltre i 1,6 miliardi spesi due anni fa per partecipare all’ultimo aumento di capitale di 2,5 miliardi. Tuttavia, considerando i costi del salvataggio nel 2017, il bilancio per i contribuenti è ancora di 7 miliardi. La privatizzazione ha solo parzialmente compensato questa cifra.
Impennata in borsa per le azioni di Mps
La quota rimanente in mano al Tesoro è valutata circa 900 milioni ai prezzi di borsa di ieri. E oggi la quotazione delle azioni è salita di quasi il 10% a 6,05 euro. Nei primi nove mesi dell’anno, Mps ha registrato un utile netto di quasi 1,6 miliardi. In borsa, ieri capitalizzava 7,64 miliardi e oggi ha già superato gli 8 miliardi.
Riguardo al presunto terzo polo, il Gruppo Bpm ha speso 750 milioni per acquisire l’8%. Anima ha una partnership con Siena per la distribuzione delle sue polizze assicurative tramite le filiali. È probabile che questo sia l’obiettivo principale, se non esclusivo, di Castagna: utilizzare Mps per potenziare la società controllata, sorprendendo Unipol e il suo amministratore delegato Carlo Cimbri, che sembrava propenso a un’intesa.
Gruppo Bpm controller o azionista di lungo termine?
Resta da valutare la posizione della famiglia Del Vecchio, che detiene una partecipazione poco inferiore al 20% in Mediobanca e del 9,93% in Generali. L’unica certezza è che ieri il Tesoro è rimasto piacevolmente sorpreso dall’interesse mostrato per Mps, tanto da raddoppiare l’offerta iniziale dopo aver ricevuto richieste doppie rispetto al previsto.
Nonostante l’ingresso del Gruppo Bpm, la presenza dello stato in Mps non è finita. La privatizzazione è stata praticamente completata con la riduzione dal 64,2% all’11,7% del capitale in un anno, e Roma ha così rispettato l’impegno di uscire dalla banca entro la fine dell’anno. Potrebbe tuttavia mantenere una quota di minoranza, inferiore al 20%, come avviene all’estero con altre banche, incluso il recente caso di Commerzbank, acquisita da Unicredit, il cui principale azionista rimane lo stato tedesco.
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