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Crisi GDP Warrants: Battaglie Legali da Atene a Buenos Aires sui Bond del Pil!

La crisi dei GDP warrants, bond legati alla crescita del Pil: battaglie legali da Atene a Buenos Aires
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Pubblicato da Enzo Conti
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Si riteneva che i GDP warrants potessero essere la soluzione alle crisi del debito, ma non hanno soddisfatto le aspettative.

La ristrutturazione del debito sovrano rappresenta un periodo di alta tensione tra i governi e i creditori. Questi ultimi cercano di ottenere le condizioni più vantaggiose possibile e spesso resistono a subire perdite. I governi, d’altra parte, tentano di ottenere il massimo sollievo per i bilanci statali, riducendo il capitale da restituire (“haircut”), diminuendo gli interessi sui bond e prolungando la loro maturità (“roll-over”). I GDP warrants sono stati a lungo visti come uno strumento per conciliare queste due parti. I creditori accettano perdite iniziali nella speranza di essere ripagati più generosamente in futuro.

Il ruolo dei GDP warrants nel dialogo tra governi e obbligazionisti

Scopriamo cosa sono i GDP warrants e perché non hanno rispettato le attese iniziali.

Sono essenzialmente obbligazioni, ma non di tipo standard (“plain vanilla”). Questi strumenti non offrono cedole fisse, ma pagano solo quando il PIL del paese emittente raggiunge un certo livello, da qui il nome (GDP è l’acronimo di Prodotto Interno Lordo in inglese). La logica dietro di loro è che i governi non debbano affrontare pagamenti in periodi di difficoltà economica e che i creditori possano contare su un ritorno economico migliore con il miglioramento delle condizioni macroeconomiche.

In realtà, quando uno stato dichiara il default o ristruttura il debito senza un default formale, spesso si arrivano a compromessi di breve respiro. I creditori, ansiosi di recuperare almeno il capitale, trascurano la necessità di una situazione sostenibile per il debitore. I governi, d’altro canto, tendono a procrastinare, sapendo che gli obbligazionisti disdegnano l’attesa e, con il passare dei mesi, finiscono per accettare condizioni meno favorevoli.

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Dall’Argentina alla rinegoziazione

I GDP warrants avrebbero dovuto soddisfare tutti. Negli ultimi decenni, sono stati emessi da economie di medie e grandi dimensioni come Argentina, Grecia e Ucraina. E proprio questi paesi mostrano oggi quanto questi strumenti abbiano deluso il mercato. L’Argentina li ha emessi nel 2005 in risposta al default del 2001. Ha fatto lo stesso nel 2010 per persuadere gli ultimi creditori internazionali a raggiungere un accordo. Sfortunatamente, la controparte ha fatto appello ai tribunali negli Stati Uniti e nel Regno Unito, lamentando calcoli errati del PIL da parte di Buenos Aires per evitare i pagamenti.

I creditori portano la Grecia in tribunale

Le sentenze hanno supportato i creditori. Il governo peronista della precedente amministrazione avrebbe manipolato i dati. Il Fondo Monetario Internazionale ha quindi incrementato il debito pubblico argentino di 1,9 miliardi di dollari nelle sue statistiche, includendo i pagamenti dovuti per i GDP warrants. La situazione non è stata migliore in Grecia, dove il 14 maggio scorso il governo ha riacquistato i titoli emessi nel 2012 e con scadenza nel 2042. Il problema è che ha offerto agli obbligazionisti solo 25,228 centesimi per dollaro, quando all’inizio di aprile questi titoli erano quotati a 35 centesimi sul mercato.

L’Ucraina in difficoltà a causa della guerra

I creditori di Atene hanno portato il caso all’Alta Corte di Londra per verificare se il prezzo pagato fosse effettivamente inferiore ai livelli di mercato. Una decisione è attesa per la prossima primavera. In Ucraina, le emissioni di GDP warrants risalgono al 2015, l’anno successivo all’occupazione della Crimea da parte della Russia.

Kiev ha dovuto ristrutturare il suo debito e ha stabilito a 125,4 miliardi di dollari il livello di PIL che avrebbe attivato i pagamenti ai creditori.

L’anno scorso, il governo ucraino ha nuovamente rinegoziato il debito per 20 miliardi di dollari, a causa della devastante guerra con Mosca. Ha tentato di ristrutturare i GDP warrants per 3,2 miliardi, ma senza successo. E nel giugno di quest’anno ha mancato un pagamento di 665 milioni. Nonostante il collasso economico seguito all’invasione russa, il suo PIL alla fine del 2024 era di oltre 190 miliardi, sopra la soglia stabilita nel 2015. Tuttavia, la complessa formula adottata all’epoca prevede che il pagamento avvenga solo se la crescita del PIL supera il 3% e aumenta se questa supera il 4%. L’anno scorso, la crescita si è fermata al 2,9%.

I GDP warrants non sono sufficienti in crisi fiscali

Queste battaglie legali stanno scoraggiando altri stati in crisi fiscale dall’emettere GDP warrants, poiché i creditori non sono interessati. E i tempi per uscire dal default si stanno allungando. Recentemente, Zambia ed Etiopia, nonostante l’adozione del Common Framework del G20, hanno optato per strumenti più tradizionali come i “macro-linked bond”. La lezione da questa esperienza è che i pagamenti non sono garantiti da un contratto se mancano le condizioni macroeconomiche e politiche adeguate, una realtà spesso trascurata quando investiamo in obbligazioni.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

 

 

 

 

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