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Petrolio ai massimi da 3 mesi: scopri le 3 ragioni di una possibile caduta!

Prezzo del petrolio ai massimi da 3 mesi
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Pubblicato da Enzo Conti
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I prezzi del petrolio potrebbero subire una brusca discesa nelle prossime settimane, nonostante siano recentemente saliti ai massimi degli ultimi tre mesi.

A pochi giorni dall’entrata di Donald Trump alla Casa Bianca, il prezzo del petrolio sui mercati internazionali continua a mostrare un trend ascendente, raggiungendo oggi i 77 dollari al barile (Brent), il più alto degli ultimi tre mesi. Rispetto ai minimi toccati un mese fa, l’incremento è quasi del 8,5%. Anche il WTI, il petrolio estratto negli Stati Uniti e benchmark per il mercato americano, ha visto un aumento, posizionandosi a 74,45 dollari al barile.

Le aspettative sul prezzo del petrolio con l’agenda di Trump

L’OPEC+, che include importanti paesi esportatori come Russia e Kazakistan oltre ai membri OPEC, ha deciso di estendere i tagli alla produzione per sostenere i prezzi del petrolio. Questa scelta, fatta alla fine dell’anno scorso, ha il fine di mantenere bassi i livelli di estrazione. Inoltre, l’attuale presidente Joe Biden ha firmato un ordine esecutivo che vieta permanentemente le trivellazioni off-shore negli Stati Uniti su un’area di 2,5 milioni di km quadrati, decisione che potrebbe influire ulteriormente.

Le estrazioni negli Stati Uniti hanno raggiunto picchi storici di 13,5 milioni di barili al giorno e potrebbero ancora crescere. Trump mira a potenziare ulteriormente questa capacità per raggiungere l’indipendenza energetica, eliminando la necessità di importare petrolio per coprire il fabbisogno nazionale, che si aggira intorno ai 20 milioni di barili al giorno, ben 6 milioni in più rispetto alla produzione interna.

Tuttavia, ci sono motivi solidi per prevedere una possibile inversione di tendenza nei prezzi del petrolio nei mesi a venire. Il primo è legato proprio all’agenda energetica di Trump, che promuove una politica di intensa perforazione con lo slogan “drill, baby, drill”. Tuttavia, per attuare cambiamenti significativi, la nuova amministrazione dovrà ottenere l’approvazione del Congresso, come stabilito dalla giustizia americana nel 2019.

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La debolezza dello yuan

Ci sono altri due fattori che suggeriscono un possibile calo dei prezzi. Uno è la debolezza dello yuan, che ha raggiunto i minimi contro il dollaro da settembre 2023, perdendo circa il 4,5% negli ultimi tre mesi e mezzo. Questo calo è in parte dovuto alle aspettative di mercato riguardo l’impatto negativo dei dazi di Trump sull’economia cinese, con la probabile facilitazione da parte della Banca Popolare Cinese di un deprezzamento controllato della valuta per mitigare gli effetti degli aumenti dei dazi previsti.

Un yuan debole influisce negativamente sui prezzi del petrolio. Essendo la Cina il principale importatore mondiale di petrolio, con circa 11 milioni di barili al giorno, ogni perdita di valore della sua moneta rispetto al dollaro rende il petrolio più costoso per l’economia cinese, influenzando di conseguenza il consumo energetico del paese.

L’influenza del Medio Oriente

Infine, la politica estera di Trump potrebbe avvicinarsi di più all’Arabia Saudita e allontanarsi dall’Iran. Ciò potrebbe portare il regno saudita a ridurre le restrizioni all’offerta dell’OPEC, che di fatto controlla. È noto che il principe Mohammed bin Salman non apprezza Biden, e ha tenuto alto il prezzo del petrolio anche per influenzare le elezioni. La politica anti-iraniana di Trump potrebbe colpire le esportazioni di petrolio di Teheran, che formalmente è già sotto embargo dal 2018. Tuttavia, un impatto significativo sul mercato petrolifero si verificherebbe solo se gli USA impedissero efficacemente a terzi, come la Cina, di commerciare con l’Iran.

Possibile calo dei prezzi del petrolio

Che succederebbe se i prezzi del petrolio crollassero improvvisamente? I sauditi subirebbero un duro colpo al bilancio, nonostante possano estrarre il petrolio a costi molto bassi. Dispongono di centinaia di miliardi di dollari per affrontare la crisi fiscale, ma un calo improvviso dei prezzi eliminerebbe sia gli iraniani sia gli americani dal mercato, impedendo a questi ultimi di acquisire nuove quote. Non abbiamo ancora considerato l’impatto di una possibile “guerra dei dazi” sulla crescita economica globale, che potrebbe subire ulteriori contraccolpi. Le variabili in gioco sono numerose, ma è probabile che il rialzo dei prezzi non continuerà a lungo. Un ritracciamento appare probabile, a meno di tensioni geopolitiche impreviste.

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