Nell’agosto dell’anno scorso, i mercati finanziari furono scossi da una tempesta inaspettata. Il governo guidato da Giorgia Meloni propose una cosiddetta “imposta sugli extraprofitti delle banche” con l’obiettivo di reperire circa 2-3 miliardi di euro per la legge di bilancio del 2024. Le banche reagirono negativamente a tale proposta, una reazione condivisa anche da Forza Italia all’interno della coalizione, portando il Ministero dell’Economia a rivedere sia l’ammontare che la forma della tassa. Alla fine, fu sufficiente mettere da parte il 2,5 volte l’importo derivante dalla tassa per evitare di pagarla.
Il risultato fu che lo Stato non incassò nulla. Tuttavia, sul mercato, il settore bancario subì perdite significative, con un calo delle azioni fino all’8,5% in poche settimane.
Vecchi difetti nella nuova tassa bancaria
Fortunatamente, i mercati finanziari si sono ripresi brillantemente. Si sperava che la lezione fosse stata appresa. Tuttavia, esattamente un anno dopo, la maggioranza di governo ha riaperto il dibattito su una nuova imposta per le banche. Le posizioni sono rimaste le stesse dell’estate 2023: Fratelli d’Italia è favorevole all’idea, mentre Forza Italia si oppone fermamente. Il vicepremier Antonio Tajani ha espresso preoccupazione per l’impatto su “banche locali”, definendo inoltre “illiberale” una misura che giudica arbitrarmente cosa sia un profitto extra.
Il contributo volontario: un’idea nociva
Forza Italia, ora sotto la guida dei figli di Silvio Berlusconi, che detengono il 30% di Banca Mediolanum, si oppone fermamente a nuove tassazioni sul settore bancario. Fabi, il principale sindacato del settore, ha calcolato che un’imposta di solidarietà dell’1-2% sugli utili degli ultimi due anni potrebbe generare tra 661 milioni e 1,3 miliardi di euro per lo Stato. L’Abi, che rappresenta le banche, sembra aperta all’idea, purché l’imposta sia “una tantum e non retroattiva”.
Sembra un modo per contribuire a finanziare le casse statali.
All’interno della maggioranza si sta valutando un contributo di solidarietà “volontario”. Ogni banca deciderebbe autonomamente l’importo da versare allo Stato. Su quali criteri? I dettagli tecnici non sono ancora stati definiti. Il problema è che un’imposta bancaria volontaria non ha senso in termini di bilancio statale, poiché renderebbe le entrate totalmente imprevedibili e, quindi, non utilizzabili come copertura finanziaria per riduzioni fiscali o altre spese.
Una questione marginale
In sostanza, la maggioranza sta discutendo di un non problema. Peggio ancora, sta creando tensioni inutili con il settore bancario e all’interno del governo per una questione marginale. Stiamo parlando, nella migliore delle ipotesi, dello 0,065% del PIL italiano. Un grande sforzo per un minimo risultato, un esempio classico di inefficienza. A livello politico, è un’assurdità. Si creano barricate per non ottenere nulla. Inoltre, non stiamo discutendo di un settore che elude il fisco: negli ultimi due anni, di fronte a 66 miliardi di profitti, le banche hanno versato 12,5 miliardi allo stato, quasi il 21%. Non è poco, considerando che l’aliquota Irpef più bassa è del 23%.
E poi, cosa significa una tassa bancaria volontaria? Se una banca paga extra e un’altra no, la seconda viene etichettata come cattiva? Per quale motivo un consiglio di amministrazione dovrebbe decidere di pagare più del dovuto, quando deve rendere conto agli azionisti e non all’opinione pubblica o alla politica? Il vantaggio ottenuto sarebbe probabilmente inferiore al costo. Ciò alimenterebbe solo speculazioni su chi paga quanto e perché.
Le banche che aderiscono all’iniziativa potrebbero essere viste come favorevoli al governo, mentre le altre come ostili. È molto probabile che le simpatie politiche non c’entrino. Sarebbe più un’operazione di marketing, simile a quando una compagnia si promuove come “socialmente responsabile” con iniziative che catturano like.
Una tassa sulle banche senza senso
Insomma, la tassa sulle banche non dovrebbe essere introdotta. È possibile che di fronte a una spesa pubblica prevista quest’anno per oltre 1.100 miliardi, un governo non riesca a identificare possibili risparmi per lo 0,1%? Il messaggio che emerge da una discussione così confusa è che non ci sia alcuna intenzione di sanare i conti pubblici, ma piuttosto di raschiare il fondo del barile. Invece, le entrate fiscali stanno andando molto bene senza contributi di solidarietà e con la revisione del PIL, il deficit fiscale nel 2024 sarebbe significativamente inferiore alle aspettative. Invece di concentrarsi su questi aspetti positivi, da settimane discutiamo inutilmente di nulla. Quasi che l’unico risultato che conta sia soddisfare quella parte dell’opinione pubblica che ha sete di vendetta e cerca sempre un “avvoltoio” da colpire.
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Enzo Conti è profondamente radicato nella cultura italiana, grazie al suo lavoro di ristoratore e promotore del patrimonio locale. Il suo ristorante non è solo un luogo in cui gustare i sapori della Puglia, ma anche uno spazio dove cultura e storia si incontrano. Enzo organizza eventi per far conoscere le ricchezze della regione, affrontando anche questioni di società, politica locale e preservazione dell’ambiente attraverso il cibo.